Roubaix a Vansummeren: si può parlare ancora di gregari?

 

Arriva ancora chi non ti aspetti: il corridore belga Vansummeren, contro ogni pronostico della vigilia, si aggiudica una Parigi-Roubaix caratterizzata dalla polvere e dal caldo. Ancora una volta Fabian Cancellara è stato battuto (seconda piazza per lui) mentre l’altro nome caldo, Tom Boonen, ha dovuto alzare bandiera bianca nella terribile foresta di Aremberg a causa di un problema alla bicicletta. Dopo i vari Goss alla Sanremo e Nuyens al Fiandre, un altro di quelli che vengono definiti in gergo “gregari” è riuscito a vincere su uno dei traguardi più prestigiosi della storia del ciclismo mondiale. Il trionfo di Vansummeren è un lavoro di tattica di squadra: la Garmin Cervelo, infatti, pur avendo nel campione del mondo Thor Hushovd uno dei leader indiscussi, è riuscita a giocare bene le proprie carte in tavola e il belga, che aveva ancora molta birra in corpo al Carrefour de l’arbre è partito da solo, lasciando indietro i compagni di fuga che non erano corridori sui quali molti avrebbero scommesso sulla vittoria finale, ma dato che Cancellara, Ballan e lo stesso Hushovd non si sono messi d’accordo per tirare un pò per ciascuno quando si erano ritrovati davanti, i sette ne hanno approfittato e da loro è spuntato fuori Vansummeren.

Credo sia inevitabile, a questo punto, fare una considerazione di carattere più generico. Si può parlare, ormai di “gregario” nelle corse di un giorno? Si può ancora parlare di uomo di fatica che aiuta il capitano a vincere le corse? Vansummeren è partito da gregario, lo è sempre stato, in quanto le vittorie personali prima di ieri si contavano con il contagocce, ma nonostante avesse dovuto aiutare il campione del mondo a vincere è riuscito a tagliare per primo il traguardo. E lo stesso discorso vale anche per gli altri due vincitori delle altre classiche monumento fin qui disputate, la Milano-Sanremo e il Giro delle Fiandre: Nuyens e Goss erano due gregari, ma sono riusciti a vincere. Queste vicende riportano alla mente soprattutto un nostro grandissimo ex corridore, gregario e poi grandissimo capitano nella sua carriera ciclistica, mi riferisco a Paolo Bettini, che da gregario di Michele Bartoli è riuscito a diventare capitano prima della Mapei e poi della Quick Step. Viene da pensare, a questo punto, che almeno nelle corse di un giorno non si può parlare più di “gregariato”: tutti i corridori che partono sono dei potenziali vincitori, in quanto è risaputo che le classiche di un giorno sono delle gare imprevedibili, durante le quali chi sbaglia non ha tempo per recuperare come si fa in una corsa a tappe. Ci si gioca tutto e subito: e allora se le strategie studiate al mattino e nei giorni precedenti per portare a casa la vittoria non funzionano, bisogna lavorare in corsa e non sempre il capitano si trova in posizione perfetta. Vince chi ne ha di più, vince chi non è vittima di forature, di guasti meccanici o di cadute. E allora da questo punto di vista nessuno può essere definito gregario: chiunque può perdere e chiunque può vincere.

 

Carlo Gugliotta

Michele Bartoli: “Ballan e Oss sono i migliori italiani per le corse sul pavè”

Pubblichiamo l’intervista che l’ex corridore Michele Bartoli ha rilasciato in diretta durante la trasmissione radiofonica “Spazio Ciclismo” martedì 5 Aprile 2011.


Michele, andiamo ad analizzare quello che è stato il Giro delle Fiandre 2011. Un pò come per la Milano-Sanremo abbiamo avuto un risultato a sorpresa perchè non tutti si sarebbero aspettati la vittoria di Nuyens.

No, diciamo di no anche se Nuyens è un signor corridore, io ho fatto in tempo a correre con lui e già da giovane era molto forte, quindi nelle sue gambe ci sono queste vittorie e forse a trent’anni è riuscito ad ottenere quello che in tanti si aspettavano da lui.

Gli spettatori da casa si sono sicuramente divertiti anche a causa delle condizioni meteo: in molti si aspettavano la pioggia ma non è arrivata, inoltre ha iniziato a fare caldo e non sempre questo accade nel periodo in cui si svolge questa classica-monumento.

Direi che il Belgio è imprevedibile, a me per esempio è capitato a volte di partire con quindici gradi e di trovare la neve a metà strada. Il Belgio è così, è stranissimo, è chiaro però che di giornate così al Fiandre se ne vivono poche. Non sempre, insomma, c’è bisogno di molta acqua.

Analizzando i favoriti della vigilia, Cancellara è stato più “umano” stavolta. Lo svizzero ha dichiarato di essere rimasto senza acqua e ha pagato lo sforzo ma alla vigilia e durante buona parte di gara è sembrato molto consapevole delle sue forze.

Cancellara era al 100%, però a volte si pecca anche di troppa sicurezza, bisogna ricordarci che di Eddy Merckx ne è esistito uno solo e probabilmente uno ne esisterà. Cancellara era il più forte ma non si può correre in quel modo, ti va bene solo una volta l’anno portare a spasso gli avversari. A lui era andata bene ad Harelbeke, ma le corse con una tattica così scriteriata prima o poi le paghi.

In effetti anche vedendo dalla televisione è sembrato che fosse partito in un tratto in cui ci si sarebbe aspettato di tutto meno che un attacco, un tratto pianeggiante e senza troppe curve.

Quando uno si sente forte deve tenere presente che non bisogna fare chissà cosa, basta aspettare il Grammont e da lì abbiamo tutto il terreno per poter vincere, quindi non so cosa possa essere scattato nella testa di Fabian, forse cercava l’impresa che si ricordasse ma non c’è vittoria più bella di partire sul Grammont e lasciarsi tutti alle spalle, penso che avrebbe potuto farlo ma forse si è fatto prendere dall’entusiasmo e poi ha pagato.

L’altro sconfitto di giornata è stato Tom Boonen, il quale appena ha tagliato il traguardo si è sciolto in lacrime. C’era davvero molta pressione su di lui.

Ma sì, Boonen è sempre molto atteso da tutta la nazione in Belgio ma non solo, tutto il mondo del ciclismo lo aspetta. La tristezza forse dipende anche da qualche errore tattico perchè a quel punto mi sarei giocato Boonen in volata piuttosto che Chavanel in un gruppetto. Quando si è direttore sportivo bisogna prendere delle scelte, è chiaro che con il senno di poi si parla bene ma avendo corso bene io non avrei sacrificato Boonen per Chavanel.

In effetti la tattica della Quick Step è sembrata davvero poco precisa: prima si puntava solo su Boonen, poi hanno mandato Chavanel in avanti, poi lo stesso Boonen a tirare. E’ sembrato veramente un gran pasticcio a livello tattico.

E’ quello che ho dedotto anche io, è stato tutto abbastanza illogico. Ad un Giro delle Fiandre un errore lo puoi pagare, due è più difficile, ma tre diventa quasi impossibile, infatti alla fine hanno pagato.

Venendo ai colori azzurri abbiamo visto un Ballan che ha cercato di cavarsela e un Daniel Oss che ha avuto diversi incidenti durante il percorso che non gli hanno permesso di gareggiare al top negli ultimi chilometri. Come hai visto i nostri corridori?

Io ritengo che abbiamo due corridori che possono giocarsela in queste corse che sono Ballan e Oss, sinceramente non ne vedo altri che possano primeggiare in questo tipo di gare. Ballan è andato bene, è stato forte, poi chiaramente le sue caratteristiche non gli permettono di primeggiare in volata, deve anticipare ma non gli si può recriminare niente. Oss è giovane quindi deve acquisire un’identità e un modo di correre che ancora non può capire, ma credo sia un corridore sul quale puntarci molto per il futuro.

A proposito di futuro, tra cinque giorni ci sarà la Parigi-Roubaix, una corsa che tu hai disputato. Quando si parla di questa gara ovviamente si pensa soprattutto alla foresta di Aremberg. Come puoi descriverci questa foresta?

E’ veramente paurosa. La prima volta che l’ho vista me l’aspettavo brutta ma non così. Mette angoscia appena entri, poi inizi a ballare e quindi vai avanti. E’ un tratto di strada molto insidioso e direi che è l’unico di una difficoltà estrema. Gli altri sono difficili ma sono fattibili, la foresta di Aremberg è veramente una cosa fuori dal comune perchè è tutta dritta e i tasselli di pavè sono molto distanti, entra la ruota tra un tassello e l’altro e rischi di cadere.

Chi vedi favorito per domenica?

Da quello che abbiamo visto al Fiandre credo che Cancellara e Boonen siano gli unici due fari veri della corsa, per gli italiani Ballan può fare meglio del Fiandre e anche Oss se avrà meno sfortuna.

 

 

Carlo Gugliotta

Due chiacchiere con… Andrea Tafi

Riportiamo l’intervista rilasciata dall’ex campione Andrea Tafi ai microfoni della trasmissione radiofonica “Spazio Ciclismo” il 29 marzo 2011.

 

Andrea, noi ti abbiamo interpretato in quanto chi più di te può essere esperto del Giro delle Fiandre? Non solo l’hai vinto una volta nel 2002, ma hai anche vinto l’altra corsa più importante che si svolge sul pavè, la Parigi-Nizza, nel 1999. Come ci si prepara per affrontare la Campagna del Nord?

Direi innanzitutto che alla base c’è un lavoro intenso da svolgere nei mesi precedenti a questa corsa, già dai primi di dicembre iniziamo ad allenarci per questi obiettivi. Il famoso Inferno del Nord si prepara molti mesi prima e soprattutto si fa una preparazione specifica, come la resistenza al fondo, cercando degli strappi nelle nostre zone che possano assomigliare ai muri del Giro delle Fiandre. Nella nostra zona, nella Toscana, ci sono molte salite che ci aiutano a prepararci e questo è stato un valore aggiunto per allenarsi al meglio.

 

Quanto tempo prima inizia la preparazione?

Si inizia già dai primi di dicembre con questo obiettivo, in quanto, come dicevo anche in precedenza, non ci si può improvvisare per affrontare questo evento. I lavori specifici andranno poi fatti nell’ultimo mese e mezzo, in quanto bisogna simulare quelle che potrebbero essere le difficoltà del percorso. L’ideale è andare in Belgio un pò di tempo prima, magari affrontando alcune di quelle corse sul pavè antecedenti il Fiandre, al fine di poter preparare al meglio la corsa. La gara vinta da Cancellara, ad esempio, il GP Harelbeke, è una gara che si svolge su molti dei muri che vengono affrontati al Fiandre, e questo ci permette non solo di provarli in prima persona ma anche di vedere come stanno i nostri avversari. Ovviamente, la Campagna del Nord arriva fino alla Roubaix, quindi bisogna fare un bel sacrificio perchè si è lontani da casa, ma se hai la condizione giusta e lo affronti con lo spirito giusto puoi tornare con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande.

 

A proposito di Roubaix, per chi non è un corridore professionista verrebbe da pensare che quest’ultima è più semplice da impostare tatticamente rispetto al Fiandre, almeno sulla carta, in quanto non ci sono i muri ma “solo” i tratti in pavè. E’ davvero così?

Sulla carta sembrerebbe così perchè i pezzi in pavè sono pianeggianti, invece non è così perchè quando ci si avvicina a questi tratti si è al massimo, come se fosse una salita. Anche questo è importante nella preparazione: bisogna intervallare le pulsazioni del cuore in diversi periodi così ti abitui alle sollecitazioni delle pietre.

 

Queste corse sono diverse da affrontare rispetto a tutte le altre perchè hanno davvero un fascino naturale essendoci il pavè. Tu che hai corso su quelle strade puoi confermarcelo?

Sicuramente è così. La particolarità di queste corse è l’unicità. Queste corse uniche ti rende ancora più importante vincerle, qualsiasi corridore in carriera vorrebbe vincerle. Io sono abbastanza privilegiato perchè le ho vinte tutte e due e sono stato l’unico italiano ad aver centrato questa doppietta, quindi questo mi riempie d’orgoglio.

 

Tu inoltre non ti sei concentrato solo nella prima parte di stagione con queste classiche monumento ma hai anche vinto un Giro di Lombardia e tre Giri del Lazio, che si correva a settembre, quindi riuscivi ad importi anche nel finale di stagione. Questo non è da sottovalutare perchè spesso ai ciclisti si rimprovera di puntare tutto su una gara e poi basta.

Io penso che per un corridore sia giusto programmare la propria stagione visto che le gare sono tantissime, però bisogna programmarsi in base alle proprie possibilità. Per me, per esempio, le classiche erano il primo obiettivo stagionale, poi, ahimè, prendevo un piccolo stacco durante il Giro d’Italia, che è la corsa più bella per un italiano ma ero consapevole dei miei limiti e quindi dovevo soprassedere, però nel finale di stagione ero sempre là a combattere per la vittoria. Per quanto riguarda il Giro del Lazio, la prima volta che l’ho vinto per me è stata un’emozione grandissima e lì ho assaporato, per la prima volta, quelle che sono le strade della Roubaix percorrendo l’Appia Antica, una strada piena di pavè e di buche che mi ha fatto scattare quella molla. Devo tantissimo da questo punto di vista al Giro del Lazio e vorrei fare un appello: il Giro del Lazio deve ritornare all’ombra del Colosseo, perchè in questi anni si è perso un pochino ma spero davvero che possa riprendersi la sua collocazione nel calendario ciclistico. La prima volta che ho affrontato l’Appia Antica ero solo, e questo mi ha dato un senso di quello che era la Roma Antica. Per me è una corsa mitica e lo sarà sempre.

 

Tra l’altro tu hai trascorso molti anni della tua carriera nella Mapei, lo squadrone che aveva tra i suoi protagonisti anche Franco Ballerini, Michele Bartoli, Paolo Bettini e Johan Musseuw. In seguito lo sponsor si è ritirato e dalle sue ceneri è nata la Quick Step. Ormai, però, possiamo dire che questo team è interamente votato alla causa Boonen.

Con la Mapei ho trascorso nove anni fantastici e abbiamo creato una famiglia formata da tantissimi campioni, abbiamo imparato a condividre gare che molti di noi avrebbero potuto vincere. La mia amicizia con Franco Ballerini era vera, sincera: la scorsa settimana, per esempio, è venuto a casa mia Johan Musseuw, vincitore di molti Giri delle Fiandre e di molte Roubaix. Tra noi corridori si è formato un vero rapporto di amicizia che dura anche ora che non corriamo più. Vi posso anche dire un aneddoto particolare: quando siamo arrivati, nel 1996, tutti insieme noi tre della Mapei, io, Bortolami e Musseuw, per me sul subito è stata una grande delusione perchè ero già in fuga e sono rientrati su di me. Forse prima c’era anche un pò più di gerarchia sul capitano rispetto ad oggi dove molti giovani credono di essere già dei campioni affermati, ma posso dire che in quella data io avrei potuto tranquillamente vincere. Subito dopo il taglio dell’arrivo, però, ho capito che la cosa giusta da fare era stata quella, anche perchè la mia generosità mi ha fatto acquisire rispetto dai miei compagni e soprattutto credo di aver dato un esempio positivo a chi segue il ciclismo. Del resto, credo che per aver gareggiato così tanto in Belgio credo di essere più famoso là che in Italia, ma penso anche di aver lasciato qualcosa di positivo a chi seguiva le corse in quegli anni.

 

Del resto basti pensare a come ti ha accolto il velodromo di Roubaix nel 2005, l’anno in cui hai corso la tua ultima Parigi-Roubaix.

Beh sì, del resto in Belgio il ciclismo è lo sport nazionale mentre da noi lo è il calcio. La cosa mi fa davvero piacere.

 

Venendo a domenica, chi pensi che potrà vincere il Giro delle Fiandre quest’anno?

In queste ultime gare abbiamo visto una supremazia di Cancellara, ma anche Boonen e Bennati sono in forma, quindi per domenica direi che oltre a loro tutti i belgi sono favoriti perchè corrono in casa, ma vedo bene anche Gilbert. Ma magari chissà, un Ballan, che ha già vinto un Fiandre, può dare la zampata finale.