Michele Scarponi: “Il prossimo obiettivo è la Vuelta”

 

Riportiamo l’intervista che Michele Scarponi, secondo classificato al Giro d’Italia 2011, ha rilasciato ai microfoni di “Spazio Ciclismo” martedì 7 Giugno 2011.

Michele, ti abbiamo disturbato in un periodo di riposo, ma ci tenevamo a farti i complimenti: possiamo dire che sei stato il primo degli “umani” vista la prova disumana di Contador.
Sì, in questo momento mi sto godendo un pò di relax dopo aver terminato il Giro d’Italia davanti a un ottimo Nibali e dietro a un grandissimo Contador, che anche questa volta ha dimostrato di essere un grandissimo campione. Io ho fatto del mio meglio e sono riuscito a fare secondo.

In molti hanno interpretato la tua tattica di non attaccare quasi mai frontalmente Contador come un giocare in difesa. Alla fine però possiamo dire che sei stato ripagato di questa scelta?
Non è così facile: durante la prima settimana ho cercato di attaccare Alberto ma sull’Etna aveva veramente un altro passo, poi ci ho provato successivamente ma ho capito che l’unico modo possibile per fare meglio degli altri era quello di correre in difesa. Alla fine sono riuscito ad arrivare secondo e credo di aver interpretato nel modo migliore il Giro.

A proposito di Etna, dopo quella tappa ti abbiamo visto visibilmente arrabbiato. Cosa è successo?
Sì perchè sull’Etna ci tenevo a fare bene ed avevo pochi secondi di distacco da Wiggins che era in maglia rosa, quindi sognavo di indossare la maglia di leader al termine di quella giornata. Ho cercato di attaccare Contador sperando andasse non troppo forte, invece aveva veramente un altro passo. Diciamo che quel giorno più che arrabbiato ero deluso perchè pensavo che le cose andassero diversamente.

Qual’è il tuo rapporto con la Lampre, squadra della quale sei stato il leader indiscusso al Giro d’Italia visto che anche un velocista come Petacchi in alcuni casi si è messo a fare il gregario per aiutarti?
Devo dire che con la Lampre mi sono trovato benissimo fin da subito, tant’è vero che oltre al Giro che ho concluso secondo questa è stata la mia migliore annata, perchè sono riuscito a vincere già dal Giro di Sardegna e sono andato bene sia alla Tirreno-Adriatico che al Trentino. Sicuramente è merito dell’allenamento ma anche della squadra, compresi meccanici e direttori sportivi. Alessandro è un grandissimo campione e vederlo lavorare per me dopo essere stato in maglia rosa per un giorno è stato bellissimo. Ci terrei a ringraziarlo: è una grande persona oltre che un grande corridore.

Qual’è stata la tua tappa migliore che hai corso al Giro?
Sicuramente quella del Gardeccia, perchè sono riuscito a conquistare la seconda posizione e sono rimasto molto vicino a Contador.

Quest’anno hai puntato tutto sul Giro. C’è la possibilità di vederti al Tour de France nei prossimi anni?
Penso di sì, quest’anno ho puntato molto sul Giro e a fine stagione proverò la Vuelta, ma l’anno prossimo mi piacerebbe correre il Tour. Ho partecipato alla corsa francese già nel 2004: preferisco il Giro perchè sono italiano e perchè secondo me è più bello, però il Tour è l’evento ciclistico più importante e ho intenzione di tornarci, magari già l’anno prossimo. Per quest’anno, ripeto, correrò in Spagna anche perchè la Vuelta è anch’essa una corsa bellissima, dove soprattutto gli spagnoli vanno molto forte e sarà dura, ma lavorerò anche in vista del Giro di Lombardia, che è un altro appuntamento importante per me visto il secondo posto dell’anno scorso dietro a Gilbert.

Che idea ti sei fatto sul Tour di quest’anno? Quali saranno secondo te gli uomini da battere?
A parte Contador credo che l’uomo da battere sia Andy Schleck, in quanto ha preparato nello specifico la corsa. Poi ci saranno Cadel Evans e anche Ivan Basso: per quest’ultimo spero solo che la caduta non gli abbia rallentato troppo la preparazione. Vorrei anche aggiungere un altro nome a sorpresa, quello di Brajkovic: l’anno scorso ha battuto Contador al Delfinato, chissà che quest’anno non lo faccia al Tour.

A proposito di Contador, quando lo vediamo in bici sembra un marziano. Tu che lo conosci bene, com’è fuori dalle corse?
In gara vederlo pedalare con quella facilità ti scoraggia anche, però è davvero forte e non possiamo dirgli nulla. Io sono stato compagno di Alberto alla Liberty Seguros nel 2005 e giù dalla bici scherziamo spesso, è un tipo alla mano ed è molto simpatico. Non lo credo solo io però, perchè nel gruppo tutti lo rispettano. E’ un grande sia per le sue imprese che per il suo comportamento fuori dalle corse, anche se alle volte fa arrabbiare perchè va troppo forte!

Carlo Gugliotta

Gilberto Simoni: “Anche senza il Crostis la tappa dello Zoncolan è stata spettacolare”

Riportiamo l’intervista che Gilberto Simoni ha rilasciato al programma radiofonico Spazio Ciclismo martedì 24 Maggio 2011.

Gilberto Simoni, abbiamo visto un Giro d’Italia interamente dominato da Alberto Contador. Lei ha corso contro di lui durante il Giro d’Italia del 2008, il primo vinto dallo spagnolo. Secondo lei c’è un modo per batterlo?

Battere Contador è veramente molto difficile. Alberto ha vinto tutte e tre le grandi corse a tappe a soli 28 anni quindi quando si parla di lui è più facile descrivere i punti deboli degli altri piuttosto che i suoi. Sicuramente ci vuole coraggio: io nel 2008 l’ho attaccato da lontano e mi ha fermato una crisi di freddo, però potevo permettermelo perchè di piazzamenti al Giro ne avevo tanti e ho tentato il tutto per tutto, per Nibali e Scarponi il discorso è diverso.

 

Secondo lei sono state giuste le tattiche dei suoi avversari per cercare di metterlo in difficoltà?

Credo che sia stato un bel Giro sotto l’aspetto competitivo. Le cose sono andate un pò come dovevano anche se secondo me la Lampre all’inizio è stata un pò troppo nervosa e cercava a tutti i costi il successo e la maglia rosa, quando invece con Scarponi poteva rimanere più tranquilla e aspettare gli ultimi dieci giorni che erano i più impegnativi. La Liquigas di Nibali ha fatto quello che poteva, quando ha trovato modo di attaccare Contador lo ha fatto e spesso ha fatto anche degli errori, ma è giusto così perchè se non si voleva regalare questo Giro qualche rischio bisognava assumerselo. Di certo non è facile battere lo spagnolo, ha dato una vera e propria dimostrazione di forza.

 

Contador ha ricevuto tantissimi applausi durante tutto il percorso tranne che durante la tappa che arrivava sullo Zoncolan, quella che è la “Cima Simoni” visto che lei ha trionfato su quella salita per due volte. Là lo spagnolo ha ricevuto una bordata di fischi perchè il pubblico pensava fosse colpevole della cancellazione del monte Crostis insieme al suo direttore sportivo. Pensa che con il Crostis ci sarebbero stati più tentativi per un attacco?

Crostis o non Crostis per me è stata una splendida gara, certo se non fosse stato per la tragedia di Weylandt nella terza tappa si sarebbe affrontato. C’era molta paura in gruppo, quindi sull’onda emotiva di ciò che è già successo si è evitata una discesa che per molti era considerata pericolosa. E’ andata così, è stata una circostanza, la tappa per me non sarebbe cambiata: anche se Nibali avesse attaccato in discesa per me avrebbe comunque pagato sullo Zoncolan. Non sarebbe stato il Crostis insomma a cambiare un Giro che Contador ha meritatamente vinto.

 

Questo è stato il suo primo anno senza Giro d’Italia. Ci sarà modo di poterla rivedere nel mondo del ciclismo?

Tutto è possibile, ma adesso ho bisogno di respirare aria nuova, di guardarmi il ciclismo come tifoso e come appassionato.

 

Carlo Gugliotta

Andrea Noè: “Il Ciclismo già mi manca!”

 

Riportiamo l’intervista che Andrea Noè ha rilasciato durante il programma “Spazio Ciclismo” di martedì 24 Maggio 2011.

 

Andrea, sei reduce da questa avventura del Giro d’Italia. Avevi detto alla vigilia della partenza che sarebbe stata la tua ultima partecipazione alla corsa rosa ma un virus non ti ha permesso di arrivare fino alla fine. Come ti senti adesso?

Sì, ho inseguito questo Giro per due anni e poi un banale virus non mi ha permesso di terminarlo. Terminerò lo stesso la mia avventura a Milano però: non ci andrò in bicicletta ma sarò sicuramente lì come tifoso. Adesso fisicamente sto meglio, anche se mentalmente non va ancora bene perchè essere al Giro fino a ieri e oggi seguirlo da casa non è assolutamente facile.

 

Ma con la forma che hai dimostrato di avere, visto che sei anche entrato in alcune fughe durante la corsa, siamo sicuri che questa tua decisione di lasciare sia irrevocabile?

La condizione fisica c’era e sapevo di averla perchè mi sono preparato bene, però ho anche 42 anni ed è giusto lasciare ora, non andrebbe bene nè per me nè per il ciclismo continuare. Io sono un tipo schietto, quando dico una cosa poi la faccio, purtroppo l’avventura si è conclusa male ma è andata così. Adesso farò due o tre circuiti post giro e poi basta.

 

Tu sei stato un vero e proprio stakanovista del Giro, in quanto dal 1994 a oggi hai preso parte a tutte le edizioni della corsa rosa tranne un paio. Possiamo dire che il Giro è la competizione alla quale sei più affezionato?

Sicuramente sì, ne ho fatti sedici e ne ho conclusi quattordici, non ho chiuso solo il primo e l’ultimo che ho fatto per problemi fisici. Non ho scelto a caso il Giro per concludere la mia lunga carriera, in quanto sono molto legato a questa corsa, ho indossato la maglia rosa e sono il più anziano ad averla indossata, ho vinto tappe, ho corso in squadra con Rominger e con Di Luca che ne hanno vinti uno a testa, quindi sono legato indissolubilmente al Giro.

 

Come sta la tua squadra, la Farnese Vini? Prima della partenza si è parlato molto dell’esclusione di Guardini, adesso però sembra che i risultati stiano arrivando e la vittoria di Gatto è la ciliegina sulla torta del giro che sta correndo la squadra.

Sapevamo tutti che questo Giro era molto duro. Guardini è molto bravo, ha vinto molte gare ma è giusto che maturi sotto la guida di Scinto. Abbiamo vinto una tappa, stiamo correndo bene e credo che ci saranno altre tappe adatte ai miei compagni, quindi approvo le scelte che ha fatto Luca perchè ha portato un gruppo che, nonostante la sfortuna, si è sempre fatto vedere anche con lunghe fughe. Secondo me la Farnese sta facendo un ottimo Giro e credo che anche Visconti abbia la gamba per vincere, tra l’altro mi ha detto che mi avrebbe dedicato la vittoria quindi lo aspetto.

 

Tu che hai corso vicino a Contador, puoi dirci se secondo te esiste una maniera per batterlo?

E’ molto difficile, per battere Contador deve andare in crisi. Ha dimostrato di non avere rivali e di riuscire a trovare alleanze anche con altre squadre, quindi sta correndo in modo intelligente. Se non ha un giorno di crisi il Giro è suo, anche perchè ormai è rimasto solo il Colle delle Finestre.

 

Hai già dei progetti per il futuro? Ti rivedremo ancora all’interno del mondo del ciclismo, magari come direttore sportivo?

Ho lasciato la bici da pochissimi giorni e già mi manca. E’ giusto staccare anche perchè ho una famiglia che ha sempre assecondato. Rimanere dentro mi piacerebbe sicuramente, vedremo che possibilità ci saranno.

 

Per un giovane che vuole avvicinarsi al ciclismo e che vorrebbe diventare un professionista che consigli puoi dargli dall’alto della tua esperienza?

Dico che bisogna fare questo sport con serietà. Il ciclismo è difficile, impegnativo, e bisogna dedicarsi a questo con la massima serietà. Se ha le doti poi verranno sicuramente fuori, senza problemi.

 

 

 

Carlo Gugliotta

Andrea Tafi: “Cancellara rimane l’uomo da battere”

Riportiamo l’intervista che Andrea Tafi ha rilasciato ai microfoni della trasmissione radiofonica Spazio Ciclismo martedì 12 Aprile 2011. 

Andrea, rimane molto amaro in bocca per noi italiani al termine delle corse sul pavè. Ci aspettavamo almeno un minimo di riscatto dopo il Fiandre ma alla Roubaix c’è stato solo il sesto posto di Alessandro Ballan.

Domenica è stata una Roubaix un po’ anomala, in quanto c’è stata uan fuga da lontano ma anche molto caldo, il quale non si percepisce spesso durante le Classiche del Nord.  I vari corridori candidati alla vittoria finale sono venuti fuori ma per gli italiani c’è solo il sesto posto di Ballan, che per me è buono. Bisogna accettare il verdetto e aspettare tempi migliori.

Secondo te ci sono in Italia dei veri e propri uomini adatti al pavè?

Direi che ci sono dei momenti che fanno un’epoca e dopo me, Ballerini e Bartoli c’è stato un ricambio generazionale. Il problema è che in questi tipi di gare bisogna crederci fino in fondo e se non ci crediamo fino alla fine è molto difficile conquistare la vittoria. Bisogna crederci, non basta mai.

Per i colori azzurri c’è stata anche molta sfortuna. Daniel Oss, una delle nostre speranze per il futuro, è caduto in un momento cruciale della corsa mentre al Giro delle Fiandre sempre Oss è caduto in una zona sempre lontana dal traguardo ma sempre in un punto in cui bisogna stare davanti o diventa impossibile recuperare.

Sì, in questo tipo di corse è facilissimo cadere e forare, bisogna anche avere un briciolo di fortuna ovviamente. Non serve solo andare bene, la fortuna è alla base di tutto.

Veniamo ora a Van Summeren, il vincitore della parigi-Roubaix, perché la sua vittoria è stata meritata ma è nata una polemica su Cancellara il quale è rimasto solo con Ballan e Hushovd a pochi chilometri dall’arrivo e ha preferito non tirare. Tu che idea ti sei fatto su questo atteggiamento dello svizzero?

Per me Ballan ha fatto il massimo ed essendo in tre l’unico che ha sbagliato è stato Cancellara, in quanto Hushovd aveva un uomo davanti e Fabian non poteva pretendere che andasse a riprendere un suo compagno di squadra, questo senza dubbio. Cancellara si è ritrovato spiazzato, però se io avessi avuto la birra che aveva lui al carrefour de l’arbre io avrei dato tutto dall’inizio alla fine di un settore di pavè e avrei spinto al massimo fino alla conclusione. Secondo me, insomma, c’è stata anche una leggerezza: venticinque secondi non sono tantissimi e si poteva andare a chiudere quel buco e rimettere in gioco tutta la Roubaix.

 Il campione del mondo Hushovd invece non ha voluto accettare la sfida con Cancellara e ha vinto un suo compagno. Come giudichi la sua prestazione?

Secondo me il campione del mondo non ha collaborato con Cancellara perché lo vedeva troppo superiore a lui sul pavè, quindi ha cercato di risparmiare energie. Forse cancellara non ha capito questo, pensava che volesse solo stargli a ruota per beffarlo, però guarda caso quando lo svizzero ha cercato di andar via da solo nel finale Hushovd non ce l’ha fatta a stargli dietro. Tutto questo vuol dire che il campione del mondo stava a ruota perché non ce la faceva più oltre al fatto di avere Vansummeren davanti. E’ lì la chiave della corsa.  Io credo comunque che Cancellara sia tuttora l’uomo da battere in queste corse.

Vansummeren da gregario è riuscito comunque a vincere una classica-monumento. Ancora una volta un gregario, un uomo che dovrebbe aiutare il capitano, vince una grande corsa. Ma nelle corse di un giorno, si può parlare ancora di gregari non solo dopo il suo exploit, ma anche quello di Goss e di Nuyens al Fiandre?

Prima di tutto c’è da dire che per noi italiani Vansummeren non era considerato tra i favoriti mentre in Belgio lo era, io ci sono stato e posso esserne testimone oculare.  La Garmin, mandando un gregario di lusso come lui in avanscoperta fin dalle prime battute ha potuto giocarsi la gara nel migliore dei modi. In generale, però, è vero che il ciclismo è cambiato, non è più come una volta, quando c’era un solo capitano. Ora si spazia maggiormente, quandi qualcuno può emergere se ha le gambe.

Carlo Gugliotta

Michele Bartoli: “Ballan e Oss sono i migliori italiani per le corse sul pavè”

Pubblichiamo l’intervista che l’ex corridore Michele Bartoli ha rilasciato in diretta durante la trasmissione radiofonica “Spazio Ciclismo” martedì 5 Aprile 2011.


Michele, andiamo ad analizzare quello che è stato il Giro delle Fiandre 2011. Un pò come per la Milano-Sanremo abbiamo avuto un risultato a sorpresa perchè non tutti si sarebbero aspettati la vittoria di Nuyens.

No, diciamo di no anche se Nuyens è un signor corridore, io ho fatto in tempo a correre con lui e già da giovane era molto forte, quindi nelle sue gambe ci sono queste vittorie e forse a trent’anni è riuscito ad ottenere quello che in tanti si aspettavano da lui.

Gli spettatori da casa si sono sicuramente divertiti anche a causa delle condizioni meteo: in molti si aspettavano la pioggia ma non è arrivata, inoltre ha iniziato a fare caldo e non sempre questo accade nel periodo in cui si svolge questa classica-monumento.

Direi che il Belgio è imprevedibile, a me per esempio è capitato a volte di partire con quindici gradi e di trovare la neve a metà strada. Il Belgio è così, è stranissimo, è chiaro però che di giornate così al Fiandre se ne vivono poche. Non sempre, insomma, c’è bisogno di molta acqua.

Analizzando i favoriti della vigilia, Cancellara è stato più “umano” stavolta. Lo svizzero ha dichiarato di essere rimasto senza acqua e ha pagato lo sforzo ma alla vigilia e durante buona parte di gara è sembrato molto consapevole delle sue forze.

Cancellara era al 100%, però a volte si pecca anche di troppa sicurezza, bisogna ricordarci che di Eddy Merckx ne è esistito uno solo e probabilmente uno ne esisterà. Cancellara era il più forte ma non si può correre in quel modo, ti va bene solo una volta l’anno portare a spasso gli avversari. A lui era andata bene ad Harelbeke, ma le corse con una tattica così scriteriata prima o poi le paghi.

In effetti anche vedendo dalla televisione è sembrato che fosse partito in un tratto in cui ci si sarebbe aspettato di tutto meno che un attacco, un tratto pianeggiante e senza troppe curve.

Quando uno si sente forte deve tenere presente che non bisogna fare chissà cosa, basta aspettare il Grammont e da lì abbiamo tutto il terreno per poter vincere, quindi non so cosa possa essere scattato nella testa di Fabian, forse cercava l’impresa che si ricordasse ma non c’è vittoria più bella di partire sul Grammont e lasciarsi tutti alle spalle, penso che avrebbe potuto farlo ma forse si è fatto prendere dall’entusiasmo e poi ha pagato.

L’altro sconfitto di giornata è stato Tom Boonen, il quale appena ha tagliato il traguardo si è sciolto in lacrime. C’era davvero molta pressione su di lui.

Ma sì, Boonen è sempre molto atteso da tutta la nazione in Belgio ma non solo, tutto il mondo del ciclismo lo aspetta. La tristezza forse dipende anche da qualche errore tattico perchè a quel punto mi sarei giocato Boonen in volata piuttosto che Chavanel in un gruppetto. Quando si è direttore sportivo bisogna prendere delle scelte, è chiaro che con il senno di poi si parla bene ma avendo corso bene io non avrei sacrificato Boonen per Chavanel.

In effetti la tattica della Quick Step è sembrata davvero poco precisa: prima si puntava solo su Boonen, poi hanno mandato Chavanel in avanti, poi lo stesso Boonen a tirare. E’ sembrato veramente un gran pasticcio a livello tattico.

E’ quello che ho dedotto anche io, è stato tutto abbastanza illogico. Ad un Giro delle Fiandre un errore lo puoi pagare, due è più difficile, ma tre diventa quasi impossibile, infatti alla fine hanno pagato.

Venendo ai colori azzurri abbiamo visto un Ballan che ha cercato di cavarsela e un Daniel Oss che ha avuto diversi incidenti durante il percorso che non gli hanno permesso di gareggiare al top negli ultimi chilometri. Come hai visto i nostri corridori?

Io ritengo che abbiamo due corridori che possono giocarsela in queste corse che sono Ballan e Oss, sinceramente non ne vedo altri che possano primeggiare in questo tipo di gare. Ballan è andato bene, è stato forte, poi chiaramente le sue caratteristiche non gli permettono di primeggiare in volata, deve anticipare ma non gli si può recriminare niente. Oss è giovane quindi deve acquisire un’identità e un modo di correre che ancora non può capire, ma credo sia un corridore sul quale puntarci molto per il futuro.

A proposito di futuro, tra cinque giorni ci sarà la Parigi-Roubaix, una corsa che tu hai disputato. Quando si parla di questa gara ovviamente si pensa soprattutto alla foresta di Aremberg. Come puoi descriverci questa foresta?

E’ veramente paurosa. La prima volta che l’ho vista me l’aspettavo brutta ma non così. Mette angoscia appena entri, poi inizi a ballare e quindi vai avanti. E’ un tratto di strada molto insidioso e direi che è l’unico di una difficoltà estrema. Gli altri sono difficili ma sono fattibili, la foresta di Aremberg è veramente una cosa fuori dal comune perchè è tutta dritta e i tasselli di pavè sono molto distanti, entra la ruota tra un tassello e l’altro e rischi di cadere.

Chi vedi favorito per domenica?

Da quello che abbiamo visto al Fiandre credo che Cancellara e Boonen siano gli unici due fari veri della corsa, per gli italiani Ballan può fare meglio del Fiandre e anche Oss se avrà meno sfortuna.

 

 

Carlo Gugliotta

Due chiacchiere con… Andrea Tafi

Riportiamo l’intervista rilasciata dall’ex campione Andrea Tafi ai microfoni della trasmissione radiofonica “Spazio Ciclismo” il 29 marzo 2011.

 

Andrea, noi ti abbiamo interpretato in quanto chi più di te può essere esperto del Giro delle Fiandre? Non solo l’hai vinto una volta nel 2002, ma hai anche vinto l’altra corsa più importante che si svolge sul pavè, la Parigi-Nizza, nel 1999. Come ci si prepara per affrontare la Campagna del Nord?

Direi innanzitutto che alla base c’è un lavoro intenso da svolgere nei mesi precedenti a questa corsa, già dai primi di dicembre iniziamo ad allenarci per questi obiettivi. Il famoso Inferno del Nord si prepara molti mesi prima e soprattutto si fa una preparazione specifica, come la resistenza al fondo, cercando degli strappi nelle nostre zone che possano assomigliare ai muri del Giro delle Fiandre. Nella nostra zona, nella Toscana, ci sono molte salite che ci aiutano a prepararci e questo è stato un valore aggiunto per allenarsi al meglio.

 

Quanto tempo prima inizia la preparazione?

Si inizia già dai primi di dicembre con questo obiettivo, in quanto, come dicevo anche in precedenza, non ci si può improvvisare per affrontare questo evento. I lavori specifici andranno poi fatti nell’ultimo mese e mezzo, in quanto bisogna simulare quelle che potrebbero essere le difficoltà del percorso. L’ideale è andare in Belgio un pò di tempo prima, magari affrontando alcune di quelle corse sul pavè antecedenti il Fiandre, al fine di poter preparare al meglio la corsa. La gara vinta da Cancellara, ad esempio, il GP Harelbeke, è una gara che si svolge su molti dei muri che vengono affrontati al Fiandre, e questo ci permette non solo di provarli in prima persona ma anche di vedere come stanno i nostri avversari. Ovviamente, la Campagna del Nord arriva fino alla Roubaix, quindi bisogna fare un bel sacrificio perchè si è lontani da casa, ma se hai la condizione giusta e lo affronti con lo spirito giusto puoi tornare con la consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande.

 

A proposito di Roubaix, per chi non è un corridore professionista verrebbe da pensare che quest’ultima è più semplice da impostare tatticamente rispetto al Fiandre, almeno sulla carta, in quanto non ci sono i muri ma “solo” i tratti in pavè. E’ davvero così?

Sulla carta sembrerebbe così perchè i pezzi in pavè sono pianeggianti, invece non è così perchè quando ci si avvicina a questi tratti si è al massimo, come se fosse una salita. Anche questo è importante nella preparazione: bisogna intervallare le pulsazioni del cuore in diversi periodi così ti abitui alle sollecitazioni delle pietre.

 

Queste corse sono diverse da affrontare rispetto a tutte le altre perchè hanno davvero un fascino naturale essendoci il pavè. Tu che hai corso su quelle strade puoi confermarcelo?

Sicuramente è così. La particolarità di queste corse è l’unicità. Queste corse uniche ti rende ancora più importante vincerle, qualsiasi corridore in carriera vorrebbe vincerle. Io sono abbastanza privilegiato perchè le ho vinte tutte e due e sono stato l’unico italiano ad aver centrato questa doppietta, quindi questo mi riempie d’orgoglio.

 

Tu inoltre non ti sei concentrato solo nella prima parte di stagione con queste classiche monumento ma hai anche vinto un Giro di Lombardia e tre Giri del Lazio, che si correva a settembre, quindi riuscivi ad importi anche nel finale di stagione. Questo non è da sottovalutare perchè spesso ai ciclisti si rimprovera di puntare tutto su una gara e poi basta.

Io penso che per un corridore sia giusto programmare la propria stagione visto che le gare sono tantissime, però bisogna programmarsi in base alle proprie possibilità. Per me, per esempio, le classiche erano il primo obiettivo stagionale, poi, ahimè, prendevo un piccolo stacco durante il Giro d’Italia, che è la corsa più bella per un italiano ma ero consapevole dei miei limiti e quindi dovevo soprassedere, però nel finale di stagione ero sempre là a combattere per la vittoria. Per quanto riguarda il Giro del Lazio, la prima volta che l’ho vinto per me è stata un’emozione grandissima e lì ho assaporato, per la prima volta, quelle che sono le strade della Roubaix percorrendo l’Appia Antica, una strada piena di pavè e di buche che mi ha fatto scattare quella molla. Devo tantissimo da questo punto di vista al Giro del Lazio e vorrei fare un appello: il Giro del Lazio deve ritornare all’ombra del Colosseo, perchè in questi anni si è perso un pochino ma spero davvero che possa riprendersi la sua collocazione nel calendario ciclistico. La prima volta che ho affrontato l’Appia Antica ero solo, e questo mi ha dato un senso di quello che era la Roma Antica. Per me è una corsa mitica e lo sarà sempre.

 

Tra l’altro tu hai trascorso molti anni della tua carriera nella Mapei, lo squadrone che aveva tra i suoi protagonisti anche Franco Ballerini, Michele Bartoli, Paolo Bettini e Johan Musseuw. In seguito lo sponsor si è ritirato e dalle sue ceneri è nata la Quick Step. Ormai, però, possiamo dire che questo team è interamente votato alla causa Boonen.

Con la Mapei ho trascorso nove anni fantastici e abbiamo creato una famiglia formata da tantissimi campioni, abbiamo imparato a condividre gare che molti di noi avrebbero potuto vincere. La mia amicizia con Franco Ballerini era vera, sincera: la scorsa settimana, per esempio, è venuto a casa mia Johan Musseuw, vincitore di molti Giri delle Fiandre e di molte Roubaix. Tra noi corridori si è formato un vero rapporto di amicizia che dura anche ora che non corriamo più. Vi posso anche dire un aneddoto particolare: quando siamo arrivati, nel 1996, tutti insieme noi tre della Mapei, io, Bortolami e Musseuw, per me sul subito è stata una grande delusione perchè ero già in fuga e sono rientrati su di me. Forse prima c’era anche un pò più di gerarchia sul capitano rispetto ad oggi dove molti giovani credono di essere già dei campioni affermati, ma posso dire che in quella data io avrei potuto tranquillamente vincere. Subito dopo il taglio dell’arrivo, però, ho capito che la cosa giusta da fare era stata quella, anche perchè la mia generosità mi ha fatto acquisire rispetto dai miei compagni e soprattutto credo di aver dato un esempio positivo a chi segue il ciclismo. Del resto, credo che per aver gareggiato così tanto in Belgio credo di essere più famoso là che in Italia, ma penso anche di aver lasciato qualcosa di positivo a chi seguiva le corse in quegli anni.

 

Del resto basti pensare a come ti ha accolto il velodromo di Roubaix nel 2005, l’anno in cui hai corso la tua ultima Parigi-Roubaix.

Beh sì, del resto in Belgio il ciclismo è lo sport nazionale mentre da noi lo è il calcio. La cosa mi fa davvero piacere.

 

Venendo a domenica, chi pensi che potrà vincere il Giro delle Fiandre quest’anno?

In queste ultime gare abbiamo visto una supremazia di Cancellara, ma anche Boonen e Bennati sono in forma, quindi per domenica direi che oltre a loro tutti i belgi sono favoriti perchè corrono in casa, ma vedo bene anche Gilbert. Ma magari chissà, un Ballan, che ha già vinto un Fiandre, può dare la zampata finale.

 

Due chiacchiere con… Luigi Perna

Riportiamo l’intervista rilasciata da Luigi Perna, giornalista della Gazzetta dello Sport, durante la trasmissione “Spazio Ciclismo” del 29 Marzo 2011.

Luigi, ci ritroviamo alla vigilia del Giro delle Fiandre e sappiamo che la Gend-Welvegem è una gara di avvicinamento fondamentale per affrontare la corsa. Al di là di Harelbeke, che è stato vinto facilmente da Cancellara, possiamo dire che come tappa di avvicinamento la Gend-Welvegem sia quella più importante.

Sì, queste sono le due corse che normalmente fanno da apertura a quello che sarà il Giro delle Fiandre e sono state vinte dai due uomini più attesi, Cancellara e Boonen. Un botta e risposta che ci fa capire benissimo quali possono essere gli equilibri in campo per la gara più grande, perchè saranno probabilmente questi due giganti, questi due colossi del pavè, che andranno ad affrontarsi, proprio come fecero l’anno scorso, quando si sono sfidati in un duello epico concluso sul muro di Grammont, lo strappo più importante, con un’accelerazione di Cancellara che ha chiuso la partita. E’ stato un affronto, come si può immaginare, per Tom Boonen, che corre in casa e che è l’idolo dei tifosi belgi. E’ difficile davvero capire, per noi italiani, quale sia la notorietà di Boonen in patria: possiamo dire che è paragonabile a quella di un calciatore da noi, non azzardo a dire che si può paragonare a quella di un Totti o di un Del Piero. C’è un intero popolo, un’intera nazione, che scende in strada quando si corre la gara dei muri. Ci sono milioni di persone collegate in tv e direttamente in strada a guardare la corsa, inoltre ci sono anche polemiche, articoli sui giornali e prime pagine che per un mese vanno a caricare questo evento, quindi c’è tantissima pressione su Boonen. Anche quest’anno, comunque, possiamo dire che dovrà battere un Cancellara in formissima

A questo proposito non si può dimenticare, ovviamente, che in Belgio il ciclismo è lo sport nazionale come da noi il calcio quindi è giusto il paragone con Totti e Del Piero. Boonen alla Gend-Welvegem ha vinto davanti a Bennati, che si è piazzato secondo per la quinta volta in stagione. Dietro di loro si sono piazzati Farrar e Greipel. C’è da dire, però, che Boonen ha dichiarato che non avrebbe voluto partecipare alla gara ma ha corso solo perchè gli è stato imposto dalla Quick Step. Secondo te per quale motivo il belga non avrebbe voluto partecipare a questa corsa?

Secondo me perchè è vero che tradizionalmente questa è una corsa per velocisti, ma dall’anno scorso è molto cambiata, ci sono molti muri in pavè che la fanno assomigliare sempre di più ad Harelbeke o a un piccolo Giro delle Fiandre. E’ un test importante per Boonen, però c’è anche un altro aspetto, quello di una sottile guerra psicologica che secondo me è già stata lanciata dai due avversari, in quanto Boonen ha evitato il confronto diretto ad Harelbeke, che è la prima gara di quella che i belgi chiamano la “settimana santa” delle loro corse, e lo ha fatto perchè l’anno scorso è stato sonoramente battuto da Cancellara ed è stata la prima pietra psicologica per la gara della domenica. Queste sconfitte hanno segnato Boonen per il resto dell’anno oltre ai problemi al ginocchio che lo fermarono per buona parte della seconda metà di stagione.  Forse è proprio per questo motivo che la Quick Step ha evitato lo scontro diretto, per evitare di condizionare psicologicamente il suo capitano. E’ come se due rivali avessero giocato a carte scoperte ma a distanza.

Da osservatore, Luigi, vorrei farti proprio una domanda sulla Quick Step, la squadra che ha preso in mano le redini di quella che una volta era la Mapei, un team che ha vinto tantissimo sia in termini di corse a tappe che di corse di un giorno. Negli ultimi anni, secondo te, possiamo dire che c’è stato un ridimensionamento della Quick Step, visto che ormai la squadra è concentrata tutta intorno a Boonen con corridori giovani e nelle corse a tappe non riesce quasi mai ad esprimersi su alti livelli?

Quando la Mapei lasciò e il suo testimone fu rilevato dalla Quick Step, che era secondo sponsor, cambiò la matrice della squadra. La Mapei, pur avendo un parterre di corridori di calibro internazionale, era di matrice italiana, del più grande sponsor che forse ci sia mai stato in Italia. La Quick Step è a matrice prevalentemente belga, quindi anche il suo indirizzo è cambiato, è molto più focalizzato sulle gare di un giorno e soprattutto sulle Classiche del Nord che ci apprestiamo a vivere piuttosto che per le gare a tappe, ecco perchè Boonen è rimasto il simbolo, fortemente voluto e fortemente difeso anche quando ha avuto dei problemi nella sua vita privata (ricordiamo che è stato trovato positivo alla cocaina per tre volte ma essendo stato analizzato lontano dalle competizioni non è stato squalificato ma in Belgio è stato comunque uno scandalo), è un corridore che a un certo punto la squadra voleva mollare ma che poi è stato difeso dal team perchè è il simbolo del Belgio, è il corridore designato come successore di Eddy Merckx nelle classiche. Con l’abbandono di Bettini la matrice italiana è completamente passata.

Uscendo un attimo dal discorso delle Classiche del Nord vorrei chiederti un tuo parere sul caso che fa più parlare in questo periodo, il caso di Alberto Contador. Al Giro di Catalogna sono apparsi degli striscioni che difendevano Alberto: c’è una grande differenza tra ciò che accade qui in Italia quando ci sono casi del genere, tu che idea ti sei fatto?

Io prima di tutto credo che in Spagna si tuteli fin troppo i propri corridori. Nel caso di Contador, che è il simbolo del loro ciclismo, questo ipergarantismo è fin troppo esagerato. E’ vero che la sua vicenda è destinata a dividere opinione pubblica e istituzioni del ciclismo, non a caso il processo è stato molto lungo. Ora dovrà essere il Tas a decidere una volta per tutte se Contador deve essere squalificato o assolto per la vicenda della positività al clenbuterolo al Tour de France. Si tratta del corridore più forte per le corse a tappe e di una quantità infinitesimale della sostanza trovata nelle urine, però si tratta di stabilire un metro di giudizio univoco. C’è stata infatti molta distanza tra le varie nazioni nel giudicare questi casi: l’Italia e la Germania, per esempio, sono state inflessibili con i loro corridori in nome della lotta al doping, negli altri Paesi non c’è stato lo stesso rigore ed è ora che si inizi ad usare un metro comune.

E non dimentichiamo che Contador, insieme a Nibali e a Scarponi, dovrebbe essere uno dei protagonisti al prossimo Giro d’Italia. Ora, senza andare troppo in avanti nel tempo, per domenica al di là di Boonen e Cancellara vedi un “terzo” che può spuntare fuori tra i due litiganti?

Se saranno in condizione, come sembra, è davvero difficile che qualcuno al di fuori di loro possa vincere, ma il Fiandre ha spesso riservato sorprese come le due vittorie consecutive di un outsider come Devolder. C’è Gilbert che vorrebbe vincere un Fiandre, e inoltre speriamo che qualche italiano possa alzare la testa, visto che l’ultima vittoria italiana è stata di Ballan nel 2007. Pozzato ha già annusato la vittoria in passato e vorrà riscattarsi da una Sanremo buona ma leggermente al di sotto delle aspettative, senza calcolare che è ancora a secco di vittorie. Speriamo che almeno uno dei due sia della partita. L’ultimo successo italiano in una classica risale addirittura alla fine del 2008 con la vittoria di Damiano Cunego al Giro di Lombardia.

 

 

Carlo Gugliotta