Giù le mani da Basso e da Petacchi

Chi è senza peccato scagli la prima pietra, si dice in genere. Ma non è così nel ciclismo: se sei anche un semplice sospettato, non puoi essere perdonato. Non puoi farci nulla, ormai sei bollato: la severità delle nostre istituzioni non permette sbagli, perchè si sa, i ciclisti sono tutti dopati, e quei pochissimi che non si dopano devono comunque essere puniti, altrimenti che ciclismo sarebbe senza doping?
Sia ben chiaro che questo non è il mio punto di vista. Il mio è semplicemente un modo per capire cosa passa nella testa dei “capi” del ciclismo, di quelle persone che passano la loro vita dietro ad una scrivania e non su una sella a fare una fatica bestiale e a farsi prelevare il sangue perfino al cinema. La notizia che stiamo per andare ad analizzare è una di quelle che è destinata a spaccare l’opinione pubblica: secondo l’ultima delibera, tutti i corridori squalificati per doping non potranno mai più prendere parte a un mondiale o ad un mondiale, alla faccia della norma che prevede “solo” due anni di squalifica per i corridori che fanno uso di sostanze vietate. Chiedo scusa da subito se la mia opinione non seguirà quella di massa, ma non posso farci nulla. Mi sembra una classica buffonata all’italiana, è inutile nasconderci dietro un dito: se per la Federazione Ciclistica Internazionale un corridore può tornare alle gare dopo due anni di squalifica, perchè non potrebbe correre mondiale e campionato nazionale? Sono per caso gare troppo importanti, perfino più importanti del Santo Tour de France, dove il patron Preudhomme non dorme sonni tranquilli a causa del fatto che un sospettato come Contador prenderà parte alla corsa che dovrebbe essere la più importante al mondo? Dico dovrebbe essere perchè stando a questa delibera sembra quasi che campionato nazionale e mondiale siano più importanti, visto che al Tour corridori come Basso e Petacchi, che hanno scontato una squalifica, potranno partecipare alla corsa. Già, Basso e Petacchi. Proprio loro non potranno quindi prendere parte nè ai campionati nazionali nè al mondiale, con molto rammarico soprattutto per quest’ultima gara visto che si addiceva molto alle caratteristiche dello spezzino. Loro non potranno correre perchè si sono fatti una squalifica per doping che poi doping non era. Molta gente che non segue costantemente il ciclismo non ha la memoria lunga, e la testimonianza di questo sta nel fatto che quando Basso è stato squalificato tutti correvano a gridargli che era un dopato, mentre al suo ritorno nel 2009 e dopo la sua vittoria al Giro del 2010 tutti lo hanno iniziato a guardare con professionalità e rispetto. Come cambiano le cose in due anni! Non dimentichiamo, inoltre, che Ivan non ha mai vinto grazie al doping, in quanto è stato squalificato solamente per avere avuto contatti (e sottolineo, per avere avuto contatti) con il famigerato dottor Fuentes, ma in tutti i controlli fatti non è mai risultato positivo. Eppure è stato fermo due anni, durante i quali stava per giungere a una completa maturazione fisica e mentale. Ha dovuto ricominciare da capo, e bisogna dargli onore per questo. Ivan ha pagato per una colpa non sua, perchè mentre lui si faceva due anni di squalifica un certo Valverde continuava a correre e a vincere, alla faccia del buon Basso.
Stesso discorso si può fare per Alessandro Petacchi: il corridore della Lampre è stato squalificato per positività al salbutamolo, sostanza che prendeva a causa dell’asma. Ma all’UCI non interessa: i ciclisti devono essere fatti fuori. Ecco perchè, nonostante sia stato prosciolto da ogni accusa, Alessandro non potrà difendere i nostri colori al mondiale. (In)giustizia è fatta, come al solito: e anche quest’anno, guarda caso, a Giugno, come sempre, prima del Tour de France. Tanto per rendere il ciclismo il capro espiatorio dei mali degli altri sport.

 

Carlo Gugliotta

Solo i ciclisti vengono controllati?

I lettori mi perdoneranno se entro “a gamba tesa” su un argomento che in linea di massima non mi dovrebbe competere, ma quando anche in altri sport al di fuori del ciclismo c’è qualcosa che non quadra, tutto questo dovrebbe portarci a fare una riflessione più generica. Premesso che a chi vi scrive piace molto il gioco del pallone, tanto da avere iniziato a muovere i primi passi nel giornalismo proprio come cronista del calcio giovanile e dilettantistico, mi risulta difficile non pensare a una grossa macchia che sta uscendo fuori in questi giorni nei quali si parla di scommesse, di gare pilotate e di giocatori narcotizzati. Già, avete capito bene, cari appassionati di ciclismo: narcotizzati. Stando a quello che riportano le varie fonti, per cercare di indirizzare un certo risultato i calciatori venivano narcotizzati con dei sonniferi, al punto che, come riporta la Gazzetta dello Sport di stamattina, si viene a scoprire che alcuni atleti della Cremonese si sentono male nell’intervallo di una partita e addirittura uno di loro finisce fuori strada con la propria auto mentre sta tornando a casa. Ora non voglio entrare nel merito del calcio scommesse, voglio semplicemente sottolineare una cosa: per quale motivo Gervasoni, il calciatore della Cremonese vittima dell’incidente d’auto, non è stato fermato prima di mettersi al volante? Mi spiego meglio: noi che siamo abituati a seguire le fatiche dei ciclisti, siamo anche abituati al famigerato controllo antidoping. Al termine di ogni gara e in ogni possibile momento anche fuori dalle corse i ciclisti vengono controllati con le analisi di sangue ed urine. La domanda che mi pongo è la seguente: perchè Gervasoni non è stato controllato? Non me la sto prendendo con il giocatore della Cremonese nè voglio supporre chissà che cosa, sia ben chiaro: voglio solo mostrare quanta discrepanza c’è tra il ciclismo e il calcio. Nel primo sport un atleta viene controllato notte e giorno, perfino quando va al cinema o quando decide di prendersi un periodo di vacanza, nel secondo neanche quando ci si sente male vengono effettuate le analisi di sangue e urina. Perchè tutto questo? Perchè un ciclista deve essere controllato e un calciatore no, neanche quando sta male? Solo dopo l’incidente Gervasoni è stato sottoposto alle analisi: se fosse successo prima si sarebbe evitato questo incidente e soprattutto i fatti forse si sarebbero conosciuti prima.
Ma soprattutto voglio chiedere agli appassionati di ciclismo: e se fosse stato un ciclista ad essere stato narcotizzato, cosa sarebbe successo? Vedo già la gogna mediatica, la ghigliottina pronta a tagliare la testa per l’ennesima volta a uno sport meraviglioso come quello delle due ruote. Ma stavolta la bici non c’entra nulla: stavolta c’è di mezzo il pallone, e insieme a lui sponsor, biglietti per lo stadio, diritti tv e chi più ne ha più ne metta. Pensate: un calciatore ingerisce un sonnifero, gioca la sua partita e poi torna a casa. E l’antidoping? E le analisi? Nessuno ci vieta di pensare, per chi vuole crederlo, che il calcio sia uno sport pulito, ma per il bene dei calciatori e per la credibilità del pallone forse è meglio fare qualche prelievo di sangue in più piuttosto che far schiantare un atleta con la macchina dopo averlo fatto giocare narcotizzato. Con un controllo antidoping si sarebbe scoperto che Gervasoni è un giocatore pulito, che si allena e che non ha bisogno di sostanze per essere un buon elemento in campo, ma perlomeno si sarebbe saputo subito che ha ingerito un sonnifero.
Probabilmente tutto resterà così: il caso delle scommesse verrà analizzato dalla giustizia e si arriverà ad una soluzione, ma la salute degli atleti resterà sempre in secondo piano. Del resto se circolano così tanti soldi perchè ci dovrebbe stare di mezzo la salute?

Carlo Gugliotta.

Contador ha ucciso il Giro?

E’ passata solo una settimana dall’inizio del Giro d’Italia, ma sembra che sia passato molto più tempo. Quante cose sono successe durante questa settimana? Molte, troppe: l’euforia dei primi giorni, le vittorie di Pinotti e di Petacchi, il dramma di Wouter Weylandt, il lutto, il dolore, la ripresa, lo sterrato, le cadute, le prime salite. Tutto questo concentrato in sette giorni.
Del resto non c’era da meravigliarsi: chi segue assiduamente la corsa rosa sa bene che sulle nostre strade può succedere di tutto, nel bene e nel male, se non che quest’anno le cose sono andate davvero male a un certo punto, visto il dramma: Weylandt era un ragazzo giovane, promettente, un futuro padre che non potrà mai vedere suo figlio. Mercoledì a Gand, una delle città simbolo del suo e del nostro amato ciclismo, i familiari e gli amici potranno dargli l’ultimo saluto. Sulla sua morte si è detto e si è scritto tanto: io vorrei solamente dire che Wouter dall’alto dei Cieli sarà stato sicuramente felice il giorno seguente la sua scomparsa, nella tappa di Livorno, quando la sua squadra, Farrar, il gruppo e tutto il pubblico lo ha omaggiato in un dolore composto. Questa è la vera ricchezza del ciclismo.
La corsa rosa prosegue con Weening maglia rosa, ma proprio ieri c’è stato un cambio di leader che molti vedono già come decisivo: Alberto Contador sull’Etna fa il vuoto. Nel tratto più duro di una salita pedalabile, lo spagnolo saluta tutti e se ne va via con una facilità disarmante, la stessa facilità con la quale ha vinto 3 Tour, un Giro e una Vuelta. Sembra tutto chiuso ormai, ma non credo sia così: abbiamo detto molte volte, prima della partenza del Giro, che chi inizia troppo forte potrebbe arrivare “appesantito” alla terza settimana di corsa. La forma, in sostanza, deve essere acquisita durante le varie giornate, altrimenti si rischia di andare in debito di ossigeno quando arriveranno le grandi cime alpine. Contador ha dimostrato ampiamente il suo stato di forma, e quindi si potrebbe pensare che se consuma troppe energie adesso potrebbe non farcela nelle ultime tappe, ma conoscendolo l’ipotesi sembra davvero remota: Alberto ha la possibilità di portare la maglia rosa per le prossime due settimane, fino a Milano, e ha una possibilità concreta di portare a casa il Giro. Si tratta di un corridore giovane, ma il suo abbondante e prestigioso palmares non può farci pensare ad altro che ad una sua vittoria finale. Ma la strada è lunga e le ruote sono rotonde: forature, cadute e quant’altro sono dietro l’angolo: anche questa è una possibilità remota, ma gli avversari che lo hanno visto scappare via sull’Etna si aggrapperanno anche a questa speranza…

Carlo Gugliotta

Gilbert mette tutti in riga. Nibali speranza per il futuro?

Dopo un inizio di stagione all’insegna dei gregari diventati campioni per un giorno, Philippe Gilbert rimette tutti in riga e si conferma l’uomo da battere per le grandi classiche di un giorno. Dopo aver conquistato l’Amstel Gold Race domenica scorsa e la Freccia Vallone mercoledì, ieri il belga è riuscito a conquistare una storica tripletta. Tre gare consecutive ognuna a distanza di tre giorni l’una dall’altra. Un primato che fa in parte commuovere noi italiani, visto che l’ultimo ad essere riuscito in questa impresa era stato Davide Rebellin.

Gilbert è stato più forte di tutto e di tutti: nonostante nel finale sia rimasto davanti da solo contro i due fratelli Schleck, in una situazione quindi non molto favorevole visto che i due lussemburghesi avrebbero potuto far valere meglio il gioco di squadra, negli ultimi metri i due uomini del Team Leopard sono stati staccati e con un’azione bellissima Gilbert ha ottenuto la vittoria che da sempre aveva sognato, quella a due passi da casa sua, quella di Liegi, proprio lui che è nato ai piedi della Redoute.

Di contraltare al successo di Gilbert ci sono i rimpianti della Leopard: Andy Schleck non è arrivato al massimo della forma ai piedi del Saint Nicolas e si è messo a lavorare per Frank, ma nonostante la superiorità numerica non sono riusciti a battere il belga. La squadra deve quindi accontentarsi di un altro piazzamento in una classica-monumento dopo i vari secondi posti di Cancellara alla Sanremo e sul pavè. L’inizio della stagione della Leopard è stato molto deludente: ci si aspettava almeno una vittoria in una di queste corse visto che si tratta di un team bene attrezzato anche per affrontare le classiche, ma coloro che pensavano che nella squadra lussemburghese ci fossero troppi capitano (Cancellara, i due Schleck e Bennati) e pochi gregari, probabilmente aveva ragione. Sicuramente sul pavè è mancata la squadra al leader svizzero, mentre ieri i due fratelli non sono riusciti a sfruttare la superiorità numerica.

Tanti rimpianti anche per i colori azzurri: il primo degli italiani è stato Vincenzo Nibali, ottavo classificato. Il siciliano ha sicuramente il merito di essere comunque arrivato tra i primi, ma in generale ci si aspettava qualcosa di più dagli italiani, in modo particolare da Damiano Cunego, visto che Ivan Basso in settimana ha dichiarato di non essere al top della forma, condizione che gli ha precluso il Giro d’Italia. Nibali non stava molto bene al mattino, ma nonostante questo è riuscito a classificarsi tra i primi dieci. Anche se ha già vinto una Vuelta, si tratta di un corridore giovane, che può e deve fare ancora molto anche nelle classiche. L’obiettivo principale di Vincenzo è il Giro e si sa che quest’anno, se si arriva all’appuntamento troppo in forma si rischia di mancare nelle ultime decisive tappe, quindi non possiamo chiedere di più allo Squalo dello Stretto. Possiamo chiedergli però di riprovarci, visto che ha dimostrato di avere le carte in regola non solo per vincere le grandi corse a tappe ma anche per portare a casa la Liegi.

Carlo Gugliotta

Roubaix a Vansummeren: si può parlare ancora di gregari?

 

Arriva ancora chi non ti aspetti: il corridore belga Vansummeren, contro ogni pronostico della vigilia, si aggiudica una Parigi-Roubaix caratterizzata dalla polvere e dal caldo. Ancora una volta Fabian Cancellara è stato battuto (seconda piazza per lui) mentre l’altro nome caldo, Tom Boonen, ha dovuto alzare bandiera bianca nella terribile foresta di Aremberg a causa di un problema alla bicicletta. Dopo i vari Goss alla Sanremo e Nuyens al Fiandre, un altro di quelli che vengono definiti in gergo “gregari” è riuscito a vincere su uno dei traguardi più prestigiosi della storia del ciclismo mondiale. Il trionfo di Vansummeren è un lavoro di tattica di squadra: la Garmin Cervelo, infatti, pur avendo nel campione del mondo Thor Hushovd uno dei leader indiscussi, è riuscita a giocare bene le proprie carte in tavola e il belga, che aveva ancora molta birra in corpo al Carrefour de l’arbre è partito da solo, lasciando indietro i compagni di fuga che non erano corridori sui quali molti avrebbero scommesso sulla vittoria finale, ma dato che Cancellara, Ballan e lo stesso Hushovd non si sono messi d’accordo per tirare un pò per ciascuno quando si erano ritrovati davanti, i sette ne hanno approfittato e da loro è spuntato fuori Vansummeren.

Credo sia inevitabile, a questo punto, fare una considerazione di carattere più generico. Si può parlare, ormai di “gregario” nelle corse di un giorno? Si può ancora parlare di uomo di fatica che aiuta il capitano a vincere le corse? Vansummeren è partito da gregario, lo è sempre stato, in quanto le vittorie personali prima di ieri si contavano con il contagocce, ma nonostante avesse dovuto aiutare il campione del mondo a vincere è riuscito a tagliare per primo il traguardo. E lo stesso discorso vale anche per gli altri due vincitori delle altre classiche monumento fin qui disputate, la Milano-Sanremo e il Giro delle Fiandre: Nuyens e Goss erano due gregari, ma sono riusciti a vincere. Queste vicende riportano alla mente soprattutto un nostro grandissimo ex corridore, gregario e poi grandissimo capitano nella sua carriera ciclistica, mi riferisco a Paolo Bettini, che da gregario di Michele Bartoli è riuscito a diventare capitano prima della Mapei e poi della Quick Step. Viene da pensare, a questo punto, che almeno nelle corse di un giorno non si può parlare più di “gregariato”: tutti i corridori che partono sono dei potenziali vincitori, in quanto è risaputo che le classiche di un giorno sono delle gare imprevedibili, durante le quali chi sbaglia non ha tempo per recuperare come si fa in una corsa a tappe. Ci si gioca tutto e subito: e allora se le strategie studiate al mattino e nei giorni precedenti per portare a casa la vittoria non funzionano, bisogna lavorare in corsa e non sempre il capitano si trova in posizione perfetta. Vince chi ne ha di più, vince chi non è vittima di forature, di guasti meccanici o di cadute. E allora da questo punto di vista nessuno può essere definito gregario: chiunque può perdere e chiunque può vincere.

 

Carlo Gugliotta

Giro delle Fiandre: Nuyens vince una corsa d’altri tempi

E’ stato sicuramente un Giro delle Fiandre spettacolare quello che si è appena concluso: premesso che si tratta di una corsa che non perderà mai il suo appeal, in quanto i muri in pavè sono qualcosa di unico al mondo, quest’anno il finale è stato ancora più bello perchè incerto fino all’ultimo metro. A trionfare è stato Nick Nuyens, corridore belga che da molti poteva essere considerato quasi un outsider in quanto negli anni precedenti non è mai riuscito ad ottenere una vittoria di particolare rilievo. Solo quest’anno, pochi giorni fa, è riuscito a vincere la Dwars door Vlaanderen, corsa di apertura della Campagna del Nord, ma in pochi si sarebbero aspettati una sua vittoria alla vigilia. La gara è stata animata da quando mancavano 86 km al traguardo, quando Chavanel ha tentato una fuga, mentre l’uomo più atteso, Fabian Cancellara, è rimasto senza squadra ma non si è perso d’animo, cosciente forse di essere l’uomo più forte. Ma stavolta ha sbagliato, o forse ha semplicemente esagerato: pur essendo un fuoriclasse, infatti, gli uomini sono fatti di due gambe e di un’energia limitata. Fabian è partito in un tratto di pianura come una moto quando mancavano circa 40 km al traguardo, ma una volta arrivato sul Grammont ha pagato caro lo sforzo ed è entrato in crisi. Chavanel, Ballan, Boonen, Gilbert e Hincapie, per fare i nomi più importanti di coloro che erano nel gruppetto subito dietro lo svizzero, sono riusciti a riprenderlo ai piedi dell’ultimo muro e sul tratto in pavè Gilbert e il nostro Ballan hanno tentato un’azione personale, senza però riuscire ad arrivare da soli fino all’ultimo chilometro. Nel finale ecco l’uomo che meno ti aspetti: rimasti soli lo svizzero, Chavanel e Nuyens, quest’ultimo ha beffato tutti allo sprint, piazzandosi dietro Cancellara e superandolo negli ultimi chilometri.
La seconda grande classica stagionale non ha dunque tradito le attese: dopo una Milano-Sanremo emozionante, incertissima fino alla fine, anche stavolta gli appassionati di ciclismo sono rimasti incollati alla tv fino alla fine. Si è visto un Cancellara “umano”, non più il robot che una volta scattato lo si rivedeva subito dopo il traguardo. Ed è molto significativa anche l’immagine di Boonen, l’altro grande atteso di giornata che ha tagliato il traguardo in quarta posizione, che subito dopo l’arrivo è scoppiato in lacrime, come a sciogliere la tensione accumulata nei giorni precedenti la corsa. E per quanto riguarda i nostri colori, ai microfoni degli inviati Rai, si è percepita la rabbia di Daniel Oss, vittima di una foratura nella parte centrale di gara, la tristezza di Filippo Pozzato, che sperava di far meglio, la delusione di Alessandro Ballan, che ci ha provato fino alla fine ma che non ha tagliato il traguardo tra i primi dieci. E di contraltare c’è la grande felicità di Nuyens, colui che sembrava un talento incompiuto e che oggi ha vinto una delle gare più importanti della sua vita.
Si è visto un ciclismo di altri tempi: emozioni, rabbia, tristezza, grinta e felicità sono stati l’ingrediente in più di una corsa che resterà per sempre mitica.

 

 

Carlo Gugliotta

“Spazio Ciclismo”: radio e web

L’idea del blog nasce dalla trasmissione radiofonica “Spazio Ciclismo”, da me condotta ogni martedì dalle 13 alle 14 su Nuova Spazio Radio (FM 88.100 a Roma, sito internet http://www.elleradio.it). Durante i cinque mesi di programmazione abbiamo infatti avuto la possibilità di intervistare molte personalità del ciclismo: corridori, ex ciclisti, giornalisti e direttori sportivi. Sulla passione con la quale molti ascoltatori ci seguono ogni martedì, abbiamo deciso di aprire questo blog, che conterrà non solo notizie e commenti dal mondo della bici, ma anche le trascrizioni delle interviste più importanti che verranno realizzate durante la trasmissione. Sarà una possibilità in più di interagire con i nostri ascoltatori e un’opportunità per poter fare le proprie osservazioni in merito al ciclismo.